lunedì 13 giugno 2016

Je suis cosa, stavolta?

Non sono mai stato omofobo, non lo sarò mai perché ognuno ha il diritto di amare chi ritiene più opportuno. 

A me piacciono le donne, ma penso che ognuno abbia la propria inclinazione ed abbia tutto il diritto di amare chi più gli aggrada.

Tutto questo per dire cosa? In questi giorni in Florida un delinquente ha ammazzato una cinquantina di persone in un locale gay. 

Non mi interessa la credenza religiosa di questo emerito testa di cazzo, non mi interessa nemmeno perché ha compiuto un gesto tanto schifoso. Quello che mi interessa è osservare quello che vedo intorno a questa tragedia.

Je suis Charlie, je suis qualsiasi cosa ad ogni strage (rigorosamente di persone vicine a noi per cultura. Mai visto un je suis nigeriano o je suis palestinese se non da parte di una sparuta minoranza), candele virtuali su Facebook, link strappalacrime... 

Oggi je suis gay? Però c'è stato un attentato anche a Beirut... mhh... je suis gay libanese? Bel dilemma per i leoni da tastiera, bel dilemma per chi si nutre della retorica della tragedia.

Non ero Charlie e non sono gay, non sono nemmeno libanese o turco o siriano o quello che vi pare. Non accendo candele virtuali, non mi interessa il "dolore a comando", non mi appartiene il dolore che si accende oggi e si spegne tra una settimana quando passa di moda la notizia in questione e si passa oltre. Sono io, con tutti i miei difetti, e cerco di rimanere lucido davanti alle tragedie più che posso. Colpito, ma lucido. Sensibile, ma lucido.

Proprio la strage di Orlando mi fa venire a galla una riflessione. In giro è pieno di omofobi, gente che parla apertamente in questi termini: "I finocchi mi fanno schifo, li ammazzerei tutti". 

Bene: questa gente ora cosa fa? Je suis culattone? Je suis frocio? Oppure difende quel delinquente che ha realizzato il malsano desiderio di "ammazzarli tutti"? Se fossero coerenti dovrebbero applaudire il gesto di quel criminale, ma la coerenza in certi casi si ferma alla tastiera.

Coraggio delle proprie idee, coraggio delle proprie azioni... tutti bravi davanti al PC, ma vorrei vederli davanti alle famiglie delle vittime a dire "I finocchi li ammazzerei tutti". Il leone diventa un agnellino in un nanosecondo, c'è da scommetterci.

Questo per dire cosa? Sono indignato, anzi... sono proprio incazzato! Gli omofobi mi urtano, mi danno noia e non mi vergogno a dire che mi fanno schifo. Almeno fossero coerenti, almeno avessero le palle per difendere le proprie idee malsane anche in questi frangenti... Invece no, sono spesso i primi a dire "poverini" a quelle persone uccise ad Orlando... complimenti!

Che vita di merda che fate, cari omofobi... siete razzisti, siete gretti e limitati, ma il mondo è a colori anche se voi siete in bianco e nero. Vi auguro di avere tanti figli e tutti omosessuali, vi auguro di dovervi scontrare con l'assurdità del vostro modo sbagliato di vedere le cose. Non avete ragione, siete miseri e vi ci vorrebbe davvero un bello shock per farvi redimere. 

Se avessi un figlio omosessuale, lo inviterei ad essere se stesso senza nascondersi anche se non è facile perché la società non accetta le diversità. E' come se io nascondessi la mia disabilità, non avrebbe senso. Ognuno deve essere se stesso e sogno una civiltà in cui non ci siano più differenze. 

Mori, biondi, bianchi, neri, gialli, atei, credenti, omosessuali, eterosessuali, transessuali, disabili, normodotati, quello che vi pare... tutte sfumature che non devono servire a discriminare e a dividere, tutte categorie che abolirei ora all'istante: siamo tutti uguali perché siamo tutti persone. Il resto non conta un cazzo.

mercoledì 8 giugno 2016

Un mio grande amico compie gli anni

Lo sapete tutti: amo il baseball, è parte di me da sempre ed ho in questo sport molti dei ricordi più belli della mia vita.

Non mi interessa parlare della situazione attuale del batti e corri in Maremma, non mi va di farlo e vi prego di non farlo negli eventuali commenti a ciò che sto scrivendo. 

Non ho la minima voglia di polemiche e di situazioni spiacevoli che inevitabilmente si accendono a parlare di certe cose in questo momento. Voglio, però, parlare di baseball. Questo sì, concedetemelo.

Oggi compie gli anni uno dei miei miti del baseball, uno che mi ha infiammato il cuore e mi dà i brividi più grandi per una serie di motivi che soltanto lui, la sua famiglia ed io possiamo capire.

Oggi compie gli anni Raffaele Gandolfi, il mio amico Lele Gandolfi, ed è di lui che voglio parlare. Chi lo ha visto in campo sa quello che è stato, chi lo ha visto in campo ricorda una frase di Claudio Banchi alla festa-scudetto del 1989 in Piazza Dante con cui venne incoronato come il miglior lanciatore mancino d'Italia, chi lo ha visto in campo non può averlo dimenticato.

Lele è Lele, Lele è uno per cui mi sono spellato le mani ed ho perso la voce, è uno che ha avuto una sfortuna clamorosa quando nel mezzo della carriera ha avuto un incidente che ha rischiato di far avere un finale diverso alla sua storia. Ogni volta che passo da quel punto, mi prende male anche dopo tanti anni.

Lele è uno che quel 19 maggio poteva salutarci ma il 26 aprile successivo era di nuovo in campo, Lele è uno che ha messo strike-out un certo Roberto Bianchi al suo ritorno allo Jannella, Lele per me è qualcosa di indescrivibile.

Su Lele non sono oggettivo, ho troppi ricordi che mi legano a lui ed il più drammatico è anche il più bello: quando era all'ospedale dopo l'incidente mi regalò il marchio Ford della sua macchina distrutta. Non c'era rimasto altro di intero. Nemmeno Lele era intero, come non lo era Luca Scarpini nel letto accanto.

Oggi Lele si occupa di altro ed, anzi, devo andare una volta a mangiare nel suo locale (di cui tutti parlano bene) perché ho decisamente voglia di una bella mangiata e di due chiacchiere con lui e con sua moglie.

Auguri Lele #12, amico insostituibile.

giovedì 2 giugno 2016

2 giugno. Festa di cosa?

Settanta anni dopo vedo sempre più voglia di nomine e meno voglia di elezioni. Se questa voglia viene da un governo e da un parlamento, sinceramente sono preoccupato. 
 
Le occasioni di voto sono sempre meno ed abbiamo un Presidente del Consiglio che ha invitato a non andare a votare ad un referendum poche settimane fa: i quartieri non esistono più, le Province sono "per nomina" e non sono più elettive, il Senato sarà ridotto alla stessa stregua se vincerà la linea-Renzi al referendum di ottobre... 
 
Scusate, ma più che festeggiare la Repubblica, preferisco ricordare che durante il fascismo un ramo del parlamento era "votato" con elezioni pilotate e l'altro era costituito da nominati. Quanto somiglia alla linea-Renzi tutto questo... 
 
Inoltre (lo dico per le donne che inneggiano al duce e al fascismo) fino al 1946 le donne non potevano votare, non ne avevano diritto. Prima di inneggiare a certa robaccia, pensate che durante quel periodo non avevate diritto di parola nell'agone della politica e che il vostro caro duce diceva "Io ho sempre ragione e voi zitte, in casa a fare le brave massaie e a sfornare figli per la patria". Ogni commento penso che sia superfluo se si ha un minimo di sale in zucca.
 
Ora e sempre resistenza, ma non solo a parole e a slogan da ripetere a pappagallo il 25 aprile perché in quel giorno "bisogna" essere più partigiani come a Natale "bisogna" essere più buoni. 
 
Ora e sempre resistenza anche il 2 giugno e con gesti significativi più che con tante belle parole che non significano niente se non sono accompagnate da una concreta e costante azione partigiana fatta non soltanto di memoria ma di perpetuo ribadire che su certi valori non si transige per nessuna ragione.

domenica 1 maggio 2016

Primo maggio di lotta

Sono giorni piuttosto complicati, sono malato da Pasqua e non ce la faccio a scrivere nel blog (che, sia chiaro, non è in disarmo). Oggi è il primo maggio e raccolgo le poche forze che ho per scrivere un paio di pensieri.

Sento dire spesso "Che cazzo festeggiate il primo maggio che non c'è lavoro?" Stiamo semplicemente celebrando il lavoro e la sua importanza, il fatto che il lavoro è un diritto e che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è un crimine schifoso che viene continuamente perpetrato nell'indifferenza di tanti che fanno spallucce e se ne fregano.

Il primo maggio non è "Che bello! Io lavoro e te puppa!" No! Il primo maggio è la festa del riscatto del lavoro dallo sfruttamento, un riscatto che è necessario e che da troppo tempo viene rimandato. I padroni possono alzare la testa, ma prima o poi perderanno.

Quando? Quando il popolo capirà un concetto semplicissimo: unità della classe, soltanto un proletariato unito può vincere contro i padroni (che, infatti, fanno lega tra loro e stanno vincendo). Non lo dico io, lo dice il Manifesto del Partito Comunista: Proletari di tutti i paesi unitevi!

Cosa dite? Sono parole fuori dal tempo? Non mi pare. La lotta di classe non sarà mai fuori dal tempo finché ci sarà lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ci hanno diviso, ci hanno spezzettato, ci hanno messo l'uno contro l'altro per farci fare una guerra tra poveri ed hanno ottenuto quello che volevano: ci hanno ridotto ad essere pedine del loro gioco senza nessun potere decisionale, tanto che le occasioni di elezioni sono sempre meno. Hanno abolito i quartieri, non si vota più per le province e non si voterà più per il Senato.

E' democrazia? No. Per definizione in democrazia il popolo è sovrano quindi è sovrano il parlamento eletto in nome del popolo, ma da vent'anni circa chi comanda è il governo che tiene sotto scacco (diciamo pure ricatto) il parlamento a colpi di voti di fiducia. Il parlamento è lì a ratificare quello che vuole il governo, ma questa non è democrazia.

Riprendiamoci quello che è nostro a partire dall'unità della classe: divisi non siamo niente, tutti uniti si vincerà! Proletari di tutti i paesi, unitevi! 

lunedì 4 aprile 2016

Togliendo l'intonaco

Da qualche giorno non sto scrivendo niente nel blog. Sono stato ai box per una fastidiosa influenza e, soprattutto, non ho molta voglia di scrivere in versi. 

Già scrivo tanto per lavoro e non ho troppa voglia di fissare con le parole le emozioni che vivo. Mi serve altro.

Sto assaporando la vita in maniera diversa: questa primavera che sta sbocciando in me mi fa riscoprire gusti che non sentivo da anni. 

Ho voglia, forse bisogno, di rallentare il ritmo. Questa è la lezione che mi ha dato la febbre che ho avuto in questi giorni: rallentare il ritmo e assorbire un po' di silenzio.

Non ho voglia di rumore, non ho nemmeno troppa voglia di musica. Ho voglia di natura, di silenzio, di sentirmi il vento primaverile sulla pelle, ho voglia di sorrisi, di abbracci, di manifestazioni di affetto e di amicizia, di quella comprensione che sto vivendo. Ho voglia di semplicità. 

Giorni addietro una persona mi ha, forse involontariamente, dato lo stimolo per compiere un passo importante: devo togliermi di dosso ogni cosa che è superflua per far respirare la pelle. Non in senso letterale, tranquilli! Non è che mi metto ad andare in giro nudo (anche se non avrei niente in contrario a farlo, credetemi). Semplicemente mi sto sentendo come un muro che ha bisogno di mettere in mostra la pietra togliendo l'intonaco.

Ecco, questa è la mia fotografia: sto togliendo l'intonaco, un intonaco che impedisce alla pelle e all'anima di respirare. In questo momento ho bisogno di grattare via l'intonaco per ripartire e sto sento in maniera decisamente netta che sto ripartendo per non fermarmi. 

Sto bene, è un bel periodo per me e voglio che continui anche se le difficoltà non mancano. Quando tornerà l'esigenza di scrivere con continuità in versi, lo farò. Non ho smesso di scrivere, non ho intenzione di smettere e non sono fermo, assolutamente: ho scritto qualcosa anche in questi giorni, ma ho bisogno di esprimermi con altri linguaggi.

Come? Con il silenzio, con i gesti, con qualcosa che mi faccia sentire libero. Non tutto può essere espresso con le parole e ci sono emozioni che possono essere manifestate soltanto con azioni semplici, forse anche tenere e primordiali. 

Ho bisogno di questo, ho bisogno di esprimermi così in questo mondo frenetico e sovraccarico di sollecitazioni.

martedì 15 marzo 2016

Seguo l'istinto, spicco il volo

Non ho voglia di scrivere in versi. E' come se in questo momento la scrittura fosse un limite per me. Ne parlavo la notte scorsa con una persona che è al contempo profonda e lieve, una persona che mi accresce con cui ho un buonissimo scambio di energia che mi fa bene.

Cosa è venuto fuori? Parlando con lei in questo periodo mi sono reso conto che non avevo torto quando sostenevo (e sostengo tuttora) che è tutta una questione di linguaggio. Ogni emozione deve essere espressa con il proprio linguaggio: ci sono emozioni che escono fuori meglio con una cosa in versi, emozioni che escono fuori meglio con la musica, emozioni che escono fuori meglio con un disegno o un dipinto ed anche emozioni che escono meglio soltanto con un semplice e sincero silenzio.

Mi sta succedendo in questo momento: non ho voglia di scrivere. Può durare un giorno come una vita, ma quello che ho dentro adesso sento che non deve uscire con una chiamiamola poesia e nemmeno con un racconto.

Ho voglia di dipingere, ma anche di urlare quello che ho dentro, ho voglia di silenzio e di un sorriso timido cercando di guardarmi negli occhi con la persona giusta. Ho voglia di libertà e la scrittura, in questo momento, per me è un limite.

Strano per me che ho sempre scritto forse anche troppo, sorprendente forse per qualcuno (meno per chi mi conosce bene), ma sto sentendo l'esigenza di provare a percorrere strade diverse.

E' tutta questione di istinto: è importante l'istinto, penso che sia di vitale importanza l'istinto. Per troppo tempo mi sono frenato per paura di travolgere gli altri con la mia energia. Questa volta no, questa volta sento che la mia energia non travolge ma si amalgama con quella di qualcuno che può comprenderla ed accrescerla. E' bello così, è giusto così. Mi piace.

Ieri sera mi è preso un attimo di paura, ho vacillato (sono umano, vacillo anche io nonostante che per qualcuno sia una specie di supereroe) ed ho temuto che il bel momento che sto vivendo potesse svanire come ogni altra volta. E' bastata una frase, un consiglio saggio, una canzone per far allontanare quelle nuvole che non voglio più intorno. E' tornato il sole. E' tutto vero e non ho paura. 

Non travolgo chi non vuole essere travolto, travolgo chi non comprende la mia energia. Questo, però, non è un problema mio. Forse stanotte l'ho capito per la prima volta, forse stanotte mettendomi virtualmente a nudo ho distrutto un pezzo importante di quel guscio che mi impedisce di sbocciare in maniera completa. 

Qualcosa sta cambiando, qualcosa è cambiato. Mi sento compreso ed è come se stessi aprendo le ali, è come se avessi capito come fare per aprirle. Le nuvole torneranno, ma indietro non torno. Sento qualcosa dentro di me che è forte, potente, inedito e limpido come non è mai stato in tutta la mia vita. Seguo l'istinto, spicco il volo. Cadrò, ma intanto volo.

sabato 12 marzo 2016

Canto di primavera

Spesso ci dimentichiamo dell'importanza dei sensi. Li diamo per scontati, è inevitabile. Siamo abituati a loro al punto che neanche avvertiamo la loro importanza però poi succede che arriva quel momento in cui ci accorgiamo di loro... eccome se arriva quel momento! "Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove" come dice una bella canzone del Banco del Mutuo Soccorso.
 
Nel mio piccolo ho sempre cercato di dare importanza ai sensi, a tutti e cinque i sensi, ma in questo momento li sto rivalutando in maniera molto intensa come forse non avevo mai fatto in tutta la mia vita.

Penso che nelle relazioni umane siano importanti tutti i sensi per far sì che si possa parlare di vera conoscenza. Mi sto accorgendo sempre di più del fatto che i rapporti con le altre persone coinvolgono in maniera potente i cinque sensi. Non è molto diverso dall'assaporare del cibo: anche in cucina sono coinvolti tutti i sensi, non soltanto il più evidente ovvero il gusto.

La cucina è fatta di odori, di palato, di colori, di contatto fisico con ciò che si mangia e che costituisce il nostro nutrimento, di udito... La stessa cosa accade con le persone ed anche in questo caso si tratta di nutrimento. Forse si tratta della più alta forma di nutrimento perché arricchisce il nostro spirito, la nostra anima, la nostra essenza, la nostra intimità.

Godiamo delle persone che ci danno nutrimento e che ci arricchiscono, non delle persone che non ci trasmettono nulla. Quelle esistono nella stessa maniera in cui esiste un piatto che non ci aggrada o che dobbiamo mangiare per obbligo.

Non sempre è possibile nutrirsi di persone gustose, non sempre e possibile stabilire un contatto con loro ma quando accade ecco che l'esplosione di sensi ci pervade e stiamo bene sentendoci appagati e stimolati a nutrirsi ancora di loro.

La cosa diventa ancora più potente quando ci accorgiamo di avere a che fare con persone che gustano ciò che stiamo loro donando. A quel punto il piacevere diventa massimo e porta alla felicità di donarsi con la consapevolezza che si offre viene gradito.

Sono sincero e dico che non amo la compagnia di chiunque. Non mi piace avere intorno persone tanto per il gusto di essere circondato da numeri. Preferisco il contatto di pochi, ma che sia un contatto che mi nutre. Il contatto è importante e non mi va di svilirlo, perciò cerco di donarmi a chi può comprendermi.

Non è stato sempre facile farlo ma con il passare del tempo sto rendendomi conto sempre di più che non posso essere per chiunque e questo non è un difetto. Come dico spesso: sono di nicchia, non sono per tutti e questo mi accorgo sempre di più che è un pregio. Sono come certa musica: non sarò mai mainstream, ma va bene così. Non inseguo la massa, non seguo la corrente. Sono così, non cambio per compiacere qualcuno.

In questo periodo sto tagliando rami secchi ed è un processo faticoso perché non rinnego quanto di buono mi abbiano date alcune persone che ora non fanno più parte di me (o ne fanno parte in maniera ridimensionata), sto ridisegnando la mia vita ed è un periodo di grandi manovre che serve e servirà a farmi crescere. Diciamo che sono come un albero che cambia le foglia, sono un serpente che fa la muta. Esperienze forti, spesso traumatiche, ma necessarie.

Non sono una persona che butta via chi non gli occorre più, non lo sono mai stato e non voglio diventare così, ma a volte è necessario sfrondare per far riprendere vigore alla pianta. Siccome la pianta in questione sono io, avrei piacere di non essere come certi alberi rinsecchiti che si vedono in giro. In quel modo si muore ed io non ho troppa voglia di morire.

Ultimamente ho riscoperto una canzone: Nel cuore, nell'anima. Sì, proprio la canzone di Battisti che ha cantato anche l'Equipe 84. C'è una strofa che dice "Nel mio cuor, nell'anima tra fili d'erba vedrai ombre lontane di gente sola che per un attimo è stata qui e che ora amo perché se n'è andata via per lasciare un posto a te". Queste parole sono la fotografia di quello che sta accadendo in me.

Non ho mai amato mendicare il contatto con le altre persone e questo mi ha portato sempre di più a dare il giusto valore a chi sceglie di starmi accanto anche se sono pieno di difetti che cerco costantemente di migliorare.

Il contatto è importante, oserei dire fondamentale, ed in questo momento sento di avere accanto qualcuno che mi fa bene. Sento che finalmente sto avendo il giusto scambio di energia con chi mi dà nutrimento e non spreca quello che offro. Non è poco. Penso che sia una delle sensazioni più belle che abbia mai provato: non mi sento inutile. Non mi è capitato spesso di sentirmi così. Sono contento.

martedì 8 marzo 2016

8 marzo, festa della donna

Auguri alle donne che lottano, auguri alle donne che faticano ad affermarsi, auguri alle donne discriminate, auguri alle ragazze dalle guance di pesca, auguri alle donne che avrebbero tutte le ragioni del mondo a volersi sentire amate.

Per me l'otto marzo è una festa sacra, una festa comandata, una festa seria. Non me ne frega niente di chi la svilisce, la festeggio a modo mio nella maniera più pura possibile perché è una festa che dovrebbe essere celebrata anche da noi uomini se davvero amiamo le donne. Non solo oggi, ma sempre.

E' comodo (e anche piuttosto deprimente) dire di amarle e poi non rispettarle, ma che amore è? Come dice in una canzone Eugenio Finardi "Non può esistere l'affetto senza un minimo di rispetto" ed io sono d'accordo con lui. Il rispetto viene prima di qualunque altra cosa, il resto è una conseguenza.

Amo le donne, sono attratto da loro e dal loro affascinante universo e credo che discriminare le donne sia una delle cose più schifose eppur ampiamente praticate da delle emerite teste di cazzo che a parole spesso dicono anche di amarle. 

Non riuscirei a trattarle mai come oggetti, a non rispettarle. Non riuscirei a non rispettare ciò che amo di più in assoluto. Semmai ho il problema che a volte le rispetto troppo, ma mai troppo poco.

L'otto marzo per me è tutto l'anno e chi mi conosce sa che è la pura e semplice verità. Non c'è retorica nelle mie parole e nei miei pensieri, non c'è mai. Sono una persona estremamente vera e scomoda, sono impopolare, anacronistico e strano ma mi riconosco un onesto tentativo di essere il più coerente possibile: non avrebbe senso celebrare la donna l'otto marzo per poi dimenticarsene il nove. 

Non avrebbe senso scrivere per loro in versi, dedicare loro canzoni e poi non rispettarle con piccoli e continui gesti concreti ogni giorno dell'anno. Teoria e pratica devono coincidere: se non coincidono è aria fritta e a me fritti mi piacciono più i carciofi che l'aria. La demagogia, le frasi e i link ad effetto li lascio agli altri. A modo loro facciano loro, io faccio a modo mio.

Per questo oggi faccio gli auguri alle donne, a quelle donne che cercano con immensa fatica e con immane forza di trovare il loro lato più vero, la propria intimità, la loro vera essenza, il loro essere se stesse al cento per cento.

giovedì 3 marzo 2016

Nove minuti

Ci sono momenti in cui salta il tappo e si parla a cuore aperto, senza filtri e senza censure. Non capita spesso, ma a volte si avvere la necessità di farlo ed allora ecco che cambiano in un attimo gli scenari.

Serve a liberarsi di tanti pensieri dannosi che opprimono e che fanno vivere male il proprio tempo. Aprirsi con la persona giusta serve, serve eccome.

Il mio periodo bello e positivo, nonostante le difficoltà, prosegue e voglio gustarmelo fino in fondo anche se non è facile. Niente deve inquinarmelo, nessuno ha il diritto di sporcarmelo: è una svolta decisiva quella che sto vivendo e voglio sia una svolta vera. 

Sono sempre più convinto di certe scelte che sto facendo ed una chiacchierata ieri sera mi ha aperto definitivamente il cuore.

Nove minuti

Onnivoro
ma non per questo
mi nutro di ogni gesto
non per questo
riservo le mie energie
ai quattro venti
sprecando il tempo
i miei momenti
con fango e carte
imbrattate di olio.

Onnivoro
come una spugna
che assorbe i giorni
resto seduto
osservo il cielo
con la mia penna
sempre in agguato
alla ricerca
di un sentimento
come cuscino.

3 Marzo 2016
ore 12.23
Grosseto
Casa mia

lunedì 29 febbraio 2016

Necessità di rifiatare

Ho voglia di un viaggio, non lo nego. Ho voglia di staccare la spina per un po', ho voglia di ricaricare le pile e di riprendere fiato. Sento l'esigenza, diciamo pure la necessità, di prendermi un po' di tempo per me stesso.

Non mi succede spesso, ma in questo periodo mi sta accadendo e la cosa mi dà da pensare perché non sono abituato a sentire l'esigenza di un po' di tempo per me. E' normale, mi dicono, ma non ci sono abituato.

Per me quando c'è da fare una cosa, si fa. Il resto viene dopo. Questo vale per il lavoro, ma non solo. Non mi fermo per qualche giorno senza pensare da troppo tempo, l'ultimo viaggio l'ho fatto nel 2012 (e mi sembra passata una vita) in Emilia durante il terremoto e da allora i brevi  momenti di pausa che mi sono preso dalle mille questioni che mi vedono coinvolto sono stati flash in mezzo ad un mare sempre in tempesta.

Ora ho bisogno di fermarmi. Me ne sto accorgendo da tanti piccoli segnali che non voglio sottovalutare. Ho bisogno di riprendere fiato e dedicarmi a me stesso. Non per tanto tempo, ma per un po' sì. 

Non chiedo la luna. Chiedo soltanto di rifiatare anche se so di non averne il tempo perché sono sempre impegnato e non mi sembra giusto staccare dagli impegni presi. Prima il dovere, poi il resto. Si chiama responsabilità e per me è una cosa importante. 

Sono praticamente in un vicolo cieco, ma devo necessariamente trovare una via di uscita al più presto. Mi serve per rendere al meglio anche nelle cose importanti che mi vedono coinvolto. Devo riprendere fiato per ripartire con più energia e più entusiasmo. 

domenica 21 febbraio 2016

Non mi svegliate, ve ne prego

Sono passati i primi due anni da quel dopocena in cui ero ero nervoso e mi ritrovai disperato. Due anni da post su Facebook, due anni da una telefonata, due anni da un momento incancellabile della mia vita.

Di quel giorno schifoso, e di quelli che lo seguirono, però, non voglio ricordare il pianto e nemmeno la rabbia: Big è più vivo che mai. 

Purtroppo il suo corpo no, ma tutto il resto è più vivo che mai. E' viva la sua voce, la sua musica, sono vive le sue battute, è viva la sua disponibilità ed è viva l'energia del suo abbraccio quando mi vide a Boccheggiano l'ultima volta nel 2013.

Era contento di vedermi, era qualche anno che non riuscivo ad andare ad un concerto del Banco del Mutuo Soccorso ed appena mi vide mi travolse in un abbraccio sorridente che non dimenticherò mai.

La cosa più bella, a distanza di due anni, è la presenza di Francesco. Non è diventato un totem o un santino, ma è diventato quello che è sempre stato: semplicemente, è rimasto Big. 

E' rimasto nel cuore di chi ha suonato con lui, è rimasto nel cuore di chi ha vissuto con lui, è rimasto nel cuore di chi lo ha conosciuto, è rimasto nel cuore di chi ha ascoltato le sue canzoni. Penso che sia la cosa più bella, la miglior maniera per non dimenticarlo.

Non riesco a perdonare quei due cialtroni che lo offesero l'anno scorso a Sanremo (è un mio limite, scusatemi), ma con la stessa intensità voglio sottolineare la grande delicatezza con cui il Banco lo ha continuato ad abbracciare in questi due anni ed anche il bellissimo lavoro che hanno fatto Elio e le Storie Tese con "Bomba intelligente". Differenze di stile, differenze di classe, differenze di talento.

Oggi su una nuvola Rudy prenderà la chitarra ed inizierà a suonare, poi arriverà Big e inizierà a cantare... Non mi svegliate, ve ne prego... Come sempre, come un'idea che non puoi fermare.

lunedì 15 febbraio 2016

Pensieri d'amore

Ieri era San Valentino, la festa degli innamorati (non dei fidanzati, ma degli innamorati. E' una cosa ben diversa) ed una mia amica ha lanciato un quesito su una pagina Facebook che gestisce. 

Ha chiesto cosa sia l'amore ed io ho risposto così:

"L'amore è il sentimento più potente e totale che esista, l'amore è Dio, l'amore è il sentimento più terribile, è energia pura e sa essere violento... senza amore non saprei vivere... è un sentimento estremo e dolcissimo... è una cosa inspiegabile, ma lo amo e mi piace in maniera assoluta... l'amore è l'assoluto..."

Sono convinto di queste cose che ho scritto e le ribadisco: l'amore è questo per me. E' un sentimento indescrivibile e potrei scrivere un libro solo per rispondere alla domanda che ha posto la mia amica, soltanto che di libri sull'amore sono pieni gli scaffali e nessuno risponde in maniera completa a questa domanda e nemmeno il mio lo farebbe perché l'amore è l'infinito.

In breve con la risposta che ho dato, una semplice riflessione scritta di getto, ho sintetizzato quello che per me è l'amore. Con estrema umiltà dico quello che ho sempre detto sin dai tempi di scuola: l'amore non so cos'è, ma sento di provarlo.

Ricordo che un giorno a scuola chiesi ad un professore (non scrivo chi è per non identificarlo) di rispondere alla domanda "Cosa è l'amore?" e mi suggerì di andare in biblioteca a leggere qualche libro a riguardo, ma la sua risposta non mi diede soddisfazione.

L'amore non si studia nei libri, l'amore è qualcosa di più profondo di un pensiero messo in forma scritta da qualcuno. Lo pensavo allora e lo penso adesso che ho 37 anni, non ho cambiato idea. Continuo a provare amore senza saperlo definire e sono sempre convinto che sia l'assoluto.

Sono un romantico? Sì, come ogni buon rivoluzionario, sono un romantico. 

Concludo riportando un pensiero di un medico asmatico morto quasi 50 anni fa:

"Ma ci sono giorni che sento risvegliarsi il sesso e vado dalla femmina a mendicare un bacio e so allora che mai bacerò l'anima di chi non riesce a darmi del compagno"

Indipendentemente dal significato politico di questa frase, l'ho citata per dire che si può amare qualcuno soltanto amandone l'anima e soltanto prendendo questa persona per quello che è. Almeno, io la penso così e può darsi anche che mi sbagli. Non pretendo di avere la verità assoluta.

giovedì 11 febbraio 2016

Corro il rischio di non essere compreso

Scrivo questi pensieri e sono combattuto se pubblicarli o meno perché non sono pensieri semplici da elaborare e da mettere per scritto. Non voglio suscitare polemiche o diatribe, non ho voglia di questo. Proprio non ne ho voglia nella maniera più assoluta.

Parlo di Sanremo e dell'esibizione di Ezio Bosso, musicista of the madonn che un tempo suonava negli Statuto ed ora ha qualche problema di salute che non gli impedisce di essere se stesso.

La gente è rimasta colpita dalla sua persona, da quello che ha detto sul palco e dal fatto che suoni oggettivamente da Dio. E' stato un bel momento, una piacevole scoperta per il grande pubblico di Sanremo che non è abituato a tanta classe, ma c'è qualcosa che non mi ha convinto in questa operazione. Sono sensazioni, ma è quello che ho provato e vi chiedo di rispettarmi anche se il mio è un parere un po' controcorrente.

Sono sincero, a costo di sembrare malizioso e prevenuto, ma ci ho visto qualcosa che non mi è tornato in questa situazione. Nulla da dire su Ezio Bosso (che conoscevo e stimavo anche prima di ieri) ma su come è stata gestita la cosa. Mi ha puzzato di ricerca della lacrima e questo non mi ha convinto.

Sentire Carlo Conti cambiare tono di voce quando lo ha presentato mi ha messo una pulce nell'orecchio e quando hanno inquadrato la musicista dell'orchestra a cui è scesa una lacrima mentre Ezio Bosso parlava ho avuto un brivido lungo la schiena. 

Ci ho visto la ricerca della lacrima da parte del regista e ci sono rimasto male perché le strumentalizzazioni non mi piacciono, soprattutto quelle che riguardano persone deboli o comunque colpite da qualche disgrazia. Voglio specificare che non ritengo quel musicista un debole in senso stretto, ma uso questa parola per dire che è comunque una situazione "particolare" la sua.

In quella inquadratura ci ho visto la ricerca della pena per una persona "sfortunata", non l'ammirazione per un musicista fenomenale che ha una grande sensibilità e lo ha dimostrato su quel palco. Ripeto: nell'inquadratura, non nella lacrima della musicista. La lacrima è una reazione umana ed io stesso tendo ad emozionarmi fino alle lacrime in certi casi.

Vorrei dire una cosa un po' forte: Ezio Bosso non è un disabile, ma un musicista. E' un discorso impegnativo e non facile da farsi, ma vorrei dire che i disabili non sono disabili. Sono persone. Persone vere, vive, ognuna con i propri pregi ed i propri difetti, con il proprio carattere, con le proprie sensibilità e le proprie spigolature. Può sembrare strano a qualcuno, ma vi assicuro che esistono disabili decisamente stronzi.

Non mi piace chi mitizza i disabili e dice che sono persone migliori rispetto agli altri. Non esistono persone migliori o peggiori: essere disabili, essere omosessuali, essere in qualsiasi modo "diversi" dal canone di una presunta normalità non significa niente. E' come essere biondi, mori o rossi: non è da questo che si vede se una persona vale più di un'altra.

Siamo tutti uguali, unici e speciali. Cerchiamo di andare oltre le barriere e cerchiamo di ritenerci tutti persone alla stessa maniera. Per me, lo ribadisco, la disabilità non esiste. Esiste sul piano medico, questo sì (è ovvio e sarebbe stupido negarlo), ma non esiste in altri ambiti. Certamente chi non è disabile riesce a fare più cose di un disabile e riesce a farle con più facilità, ma per me siamo tutti uguali e non vedo differenze.

Ho amici disabili e sono anche io disabile, ma non conosco nessun disabile che sia migliore di chi non lo è come non conosco nessun "normale" che sia migliore di un disabile. Quando ho davanti una persona non guardo se è normale o se è disabile: guardo se mi ci trovo bene o se non mi ci trovo. Del resto non me ne frega assolutamente niente.

lunedì 8 febbraio 2016

Dal blu del mio ricamo

Dopo averla messa su Facebook, pubblico anche qua questa una cosa in versi che ho scritto stamani. Cosa significa? La chiave di tutto è nel titolo: guardatela come un ricamo e forse riuscirete a coglierne l'essenza. 
 
Ricordatevi, comunque, che è tutto un gioco di seduzione e fascinazione e che non è sempre semplice cogliere quello che è nascosto in una poesia, ma è quasi sempre possibile...
 
Dal blu del mio ricamo

Il lupo si sconfigge solamente con il fuoco
quando i morsi della fame cancellano il pudore
il tempo di decidere il sentiero è arrivato
è meglio annegare o tentare l'impossibile?

L'anima del santo aspetta sempre con pazienza
che svuotino le tasche di quel balbuziente eroe
accovacciato sulla scia di un motoscafo tricolore
consolando la sua stirpe a colpi di kalashnikov.

Legato alla spalliera offro fiori ad un gitano
imboccandolo in pigiama ogni mattina controvoglia
perché dovrei sentirmi affascinato dalla noia
se la mia sola ambizione è produrmi in contorsioni?

Dal blu del mio ricamo non ricavo che indulgenze
che farebbero impazzire un qualunque cardinale
eppure il cielo è vitreo in questa scatola di latta
da giorni ormai confusa con la tavola periodica.

Si perdono nei rivoli della mente i miei capelli
ardenti come un Cristo sordomuto appeso ad un filo
come chi si è perso in un labirinto di porte a vetri
tra le scale cromatiche di una sinfonia afona.

Soffocante bocca arida carica di ottime ragioni
fatica ad uscire dal ghetto della pazienza inespressa
sentendosi assediata dalle indecisioni della perfezione
confeziona dolci aculei denudandosi al balcone.

Come è facile dichiarare il proprio amore ad un pipistrello
se nel sonno non sa accorgersi di essere spiato
sembra quasi che l'effetto sia voluto con malizia
ma non è altro che l'emblema di un'insana impiccagione.

sabato 6 febbraio 2016

Chitarra specchio dell'anima

Quando imbraccio la chitarra difficilmente lo faccio con banalità. Se suono una canzone, di solito, è perché quella è la canzone che al mio cuore serve in quel momento.

Posso suonarla bene, posso suonarla male, posso cantarla come mi riesce, ma ci metto l'anima. Se non ci mettessi l'anima, preferirei evitare di suonarla. 

La chitarra è uno strumento vivo e si accorge quando qualcosa non va, decide sempre lei come suonare e soprattutto se suonare.

Ci sono giorni in cui la sua voce è energia, giorni in cui è carezza, giorni in cui è lamento ed infine ci sono giorni in cui è puro latrato. 

Decide lei e a me non resta che assecondarla senza opporre resistenza. Credo che sia inutile forzare le cose: se un giorno una canzone non esce, non esce anche se mi impegno al massimo delle mie scarse possibilità.

Quello che conta, per me, è l'emozione. Senza l'anima, la tecnica non è niente. Ovviamente la tecnica serve ed è importante: se uno suona come se maneggiasse una zappa sempre un musicista osceno rimane, ma senza l'anima penso che la tecnica non sia sufficiente ad emozionare. E' un bluff e i bluff prima o poi vengono inesorabilmente scoperti.

Da sempre mi viene fatto notare che suono spesso canzoni semi-sconosciute che non interessano a chi mi sta ad ascoltare. Critica giusta. E' vero: suono principalmente per mia soddisfazione personale e non suonerei mai canzoni che non mi  piacciono. Non sono un musicista professionista: suono per diletto e suonando, appunto, per diletto voglio che la musica che suono mi dia diletto.

Questo porta ad avere un effetto collaterale sin da quando ho imparato a suonare la chitarra: spesso la gente che mi ascolta non conosce quello che sto suonando. Succedeva con le canzoni di De André vent'anni fa, succedeva con quelle di Guccini e con almeno tre quarti delle canzoni che fanno parte del mio strano repertorio... 

Poi è successo qualcosa, piano piano e in maniera forse impercettibile: con il passare del tempo quelle stesse canzoni me le hanno iniziate a chiedere, sono diventate una specie di marchio di fabbrica perché le suono soltanto io o quasi. 

Questo non può significare che una cosa: avevo ragione a suonarle, incuriosivano, erano belle ed emozionanti. Avevano soltanto bisogno di essere scoperte e valorizzate.

Alla fine, questa è anche una metafora per parlare di me: sono sempre stato "di nicchia", non piaccio a tutti (e neanche ambisco a piacere a tutti, per l'amor di Dio!) e per tanti sono forse soltanto un tipo fuori da certi schemi...però poi succede che qualcuno si prende la briga di scoprirmi e, magari, succede che resta colpito da me. Affascinato forse è una parola troppo grande, ma colpito forse sì.

mercoledì 27 gennaio 2016

Lo sconforto di un antirazzista

Nel 2016 il razzismo è sdoganato sulla stampa, a livello istituzionale, nei discorsi e nelle opinioni della gente. 

Questa è la realtà dei fatti e per rendersene conto basta aprire qualunque giornale, guardare la televisione o anche dare un'occhiata a troppi post che si leggono su Facebook.

Non serve assolutamente a niente la giornata della memoria che si celebra oggi perché chi ricorda parla a se stesso e non basta certamente una giornata a tenere viva la memoria.

La memoria si esercita più con le azioni che con le parole ed i fatti ci parlano di un razzismo sempre più imperante nella "civile" Europa che erige muri e fili spinati in successione. Non fatemi parlare poi, a proposito di muri, della questione palestinese. Mi ci incazzerei e basta.

Basta ipocrisie, per favore! Meno giornate della memoria, meno giornate dei disabili, meno giornate di qualsiasi cosa che servono soltanto a lavarsi le coscienze e più azioni reali e concrete di profondo antirazzismo, più educazione reale e concreta nelle menti dei giovani, più decisione contro i razzisti!
 
Il razzismo è stato sdoganato proprio perché si è pensato di riporlo nella teca di un museo come qualcosa di lontano mentre è un germe sempre in agguato, un tumore maligno che appesta anche la nostra epoca!

Non è con le giornate della memoria che si diventa antirazzisti, non è con i bei discorsi che si diventa antirazzisti: sarebbe bello se fosse così, ma le parole le porta via il vento e le giornate diventano soltanto l'occasione per dire "Una volta all'anno se ne parla" (perché se ne deve parlare) e finirla lì.

L'antirazzismo è militanza continua e costante, è non dare tregua nel denunciare le continue discriminazioni, è ribadire con azioni concrete quanto facciano schifo i razzisti, è farli sentire quello che sono e farli ragionare sullo schifo che fanno.

Se bastasse una foto di un lager, se bastasse la visione di un filmato d'epoca e se bastasse andare a visitare un campo di sterminio il mondo sarebbe migliore ma non è così e lo dimostra il fatto che da anni vedo partire ragazzi delle scuole per i cosiddetti viaggi della memoria e le nuove generazioni sono sempre più razziste.

Purtroppo chi è antirazzista rimane antirazzista e chi è razzista soltanto in minima parte cambia idea. Magari si rendono conto che quello che hanno fatto più di settant'anni fa nei campi di sterminio è aberrante, ma poi sono primi a dire che i gay fanno schifo e i profughi devono restare a casa loro o a dire "Ce l'ho soltanto con gli zingari" (pardon, gli zingheri...li chiamano così...).

Finché la paura del diverso (di qualunque diverso) non viene superata, il razzismo esisterà sempre. Il razzismo non può essere la normalità, il razzismo va combattuto con tutte le forze. Questa è la sfida da vincere.

No, la giornata della memoria non mi convince. Lo dico da persona che sarebbe stata ammazzata appena giunta in un qualunque lager: finché l'antirazzismo diventa un discorso di maniera, un esercizio di stile e non una continua lotta contro un germe schifoso che va estirpato... beh... serviranno a meno di niente giornate come questa...

martedì 19 gennaio 2016

E se la bellezza fosse una condanna?

Premesso che questo post non è da intendersi in senso personale, visto che non mi sembra di essere esattamente tutta questa gran bellezza, vado a dire la mia su un pensiero che sto facendo: e se la bellezza a volte fosse una condanna?

Mi spiego meglio: siamo la società in cui impera la bellezza e la perfezione, dove se sei diverso dai canoni vieni additato... quindi essere belli e perfetti dovrebbe essere un'arma vincente... e se non lo fosse?

Penso a tante ragazze e a tante donne (ma il discorso credo che valga anche al maschile) che sono oggettivamente belle a livello estetico e vengono ammirate per questo "involucro" più che per il loro reale contenuto. Deve essere una brutta condanna in quel caso essere belli, visto che le persone dell'altro sesso spesso si fermano all'apparenza senza andare a scavare dentro...

Non lo so, penso che se vivessi una situazione del genere e se fossi preso soltanto per l'involucro più che per il contenuto ne soffrirei parecchio... 

Per quanto riguarda me, a colpirmi è l'anima più che l'aspetto estetico. Non che non mi piacciano le donne a livello estetico, ma per me conta più quello che hanno dentro: una donna può essere anche bellissima, ma se non mi "prende" l'anima non riesco a rimanerne attratto. Allo stesso modo mi prende di più una donna che per molti è poco attraente sul piano estetico ma che mi conquista per la sua anima.

Non è retorica, lo vedo e lo vivo da sempre. A conquistarmi è il "dentro" più che il fuori e spesso mi accorgo che il fuori neanche lo guardo. 

Tutto ciò ha una ragione ben precisa: non guardo il fuori per abitudine mia personale, devo sforzarmi per farlo. Questo modo di essere nasce dal fatto che quando ero piccino ero spesso in giro per ospedali ed ho visto di tutto... Per difendermi ho cercato sempre di non guardare l'aspetto degli altri bambini che erano spesso messi male (ma male male davvero). Da lì ho imparato ad andare al di là dell'aspetto fisico ed a guardare l'anima delle persone. 

Giusto? Sbagliato? Non lo so, quello che so è che se fossi bello e mi guardassero solo per il mio aspetto fisico, ne soffrirei. Comunque, il problema non si pone perché non credo proprio di essere bello. Ho altre qualità, ma la bellezza (almeno a livello estetico) non credo che mi appartenga.

lunedì 11 gennaio 2016

Ricordo istantaneo di David Bowie

Scrivo a caldo e scusate il tono abbastanza emozionato. David Bowie ha perso la battaglia che temevo stesse combattendo, il suo silenzio non mi era piaciuto in questi ultimi tempi ed avevo l'impressione che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.

Cosa è per me David Bowie? Un genio, ma questo lo sanno tutti. Per me è "Space Oddity" suonata in spiaggia, è "Heroes" allo Jannella, è una passione coltivata quasi in segreto e piuttosto in silenzio rispetto ad altri lati di me che conoscono tutti. 

Forse questa mia passione la conosce davvero appieno soltanto quella persona con cui ho sempre suonato le sue canzoni in spiaggia... Con altri non l'ho mai manifestata troppo, è un lato intimo di me...

David Bowie mi è sempre piaciuto ed ho sempre suonato volentieri le sue canzoni con la chitarra perché lo associo a qualcosa di positivo anche se con una punta di sofferenza che trapela costante. 

Sicuramente sarà stato un tipo non facile, come molti grandissimi artisti, ma non mi interessa l'aspetto umano perché non lo conoscevo di persona e mi interessa soltanto l'aspetto artistico perché è quello che mi ha sempre affascinato.

Ziggy Stardust, ma non solo. Le mille trasformazioni ne hanno fatto un coerente delle variazioni. Era Ziggy Stardust, ma era molto di più e rimarrà molto di più. Era David Bowie in tutte le sue forme.

Il suo corpo è morto, la sua musica no e non morirà finché qualcuno la suonerà e la ascolterà. Io continuerò ad ascoltarla ed a suonarla con il massimo rispetto e consapevole di tutti i miei limiti cercando di non rovinarla troppo.

Mi piacerebbe che ci si ritrovasse con chi condivide questa passione per cantare tutti insieme le sue canzoni come ci riescono...chi ha voglia di farlo?

domenica 10 gennaio 2016

Sfogo di una domenica mattina

Voglia di libertà, voglia di sentirmi libero, voglia di chiudere gli occhi e risvegliarmi nello sguardo di una donna, nel suo abbraccio, in un suo bacio...

Voglia di sentirmi amato, voglia di sentirmi importante per qualcuno in quel senso, voglia di non essere qui ad aspettare di scrivere articoli... 

Voglia di una serata fuori senza pensieri, voglia di una telefonata che mi dica "Ti passo a prendere, si va da qualche parte", voglia di quei discorsi che non hanno bisogno di parole per essere pronunciati e compresi...

In tutta onestà dico che sembrerebbero richieste legittime le mie ma in questa domenica mattina devo non pensarci e stringere i denti, devo lottare contro una sensazione sgradevole che non ha il diritto di scalfire il mio momento positivo. 

Lotto oggi e lotterò sempre contro qualunque tentativo di annientare il mio momento positivo che è iniziato con il nuovo anno. Non mi arrendo ad un momento di smarrimento, non gliela do vinta per nessuna ragione. Non voglio cedere, resisto a tutti i costi.

So di non essere solo, so che questa è soltanto una nuvola passeggera che mi impedisce di vedere il sole. Allora, se serve, che piova... ma dopo voglio il sole...e lo voglio con tutto me stesso, lo voglio davvero.

giovedì 7 gennaio 2016

Tra timidezza e voglia di volare

Riporto ed amplio una riflessione che ho fatto su Facebook oggi. 
 
Non mi sento un eroe e non lo sono, ma se posso dare un sorriso a qualcuno cerco di darlo con tutto me stesso... 

Se posso fare stare bene chi in quel momento è accanto a me, non vedo perché dovrei comportarmi diversamente... 

Non mi interessa essere chissà cosa, mi accontento di essere me stesso con tutti i miei difetti ed i miei pochi pregi cercando di essere una spalla decente per chi vuole appoggiarsi a me... 

A volte sto ore, persino giorni, a pensare ad una persona senza scriverle per paura di dare noia... Ognuno ha la sua vita, non voglio essere invadente o, come si dice in Maremma, "entrante"...

Mi dispiace dare noia e cerco di essere una persona piacevole più che posso con la mia sincerità che può essere anche ruvida... 

Se mi manca qualcuno, prima o poi glielo dico... stessa cosa se voglio bene a qualcuno... magari con fatica e vincendo quintali di timidezza, ma trovo la forza per dirglielo... e in questi casi sono estremamente diretto con il mio carattere sincero e non facile che mi ritrovo... Ha proprio ragione una persona a dire bonariamente che sono un "testone"... Infatti non le do torto!

Un'altra persona mi ha detto più volte in questi giorni che come non giudico gli altri non devo giudicare me stesso e quello che faccio. 

Non è facile: di solito sono abbastanza poco indulgente con me stesso. Devo migliorarmi in questo, devo farlo a tutti i costi. Anzi, se qualcuno mi aiutasse in questa che è una battaglia da vincere mi farebbe piacere.

Ribadisco che non mi sento assolutamente né un grande, né un eroe. Non è falsa modestia la mia e chi mi conosce lo sa. sSmplicemente, faccio tutto con estrema naturalezza al punto che spesso non mi rendo conto del valore di quello faccio e di quello che valgo. 

Per me è tutto normale: è normale donarmi fino in fondo senza riserve, è normale cercare di esserci al massimo delle mie possibilità, è normale mettere il cuore e l'anima in quello che faccio soprattutto se si tratta di donarmi a qualcuno. Mi ci brucio, mi ci faccio male, ma questo significa che sono vivo. 

Nonostante le catene che spesso mi trattengono e che voglio spezzare del tutto per essere libero, voglio volare e ringrazio chi mi aiuta ad essere migliore. Per questo ringrazio spesso le persone anche su Facebook e nella vita reale: per me la gratitudine è una cosa importante e va dimostrata.

lunedì 4 gennaio 2016

Gioia inattesa, sensazione di libertà e buone vibrazioni

A volte basta poco per ritrovare entusiasmo. Basta poco davvero. Il problema è trovare lo stimolo giusto per fare quel salto nel buio che è necessario...

Ci vuole coraggio per buttarsi, ma quando si trova la forza per farlo dopo si sente una sensazione piacevole che è quella che sto provando in questi giorni. 

Sono sereno, sto bene e sto ritrovando un entusiasmo che mi fa bene.Voglio coltivarlo, voglio che non appassisca, voglio che resti vivo e solido come adesso. Troppe volte l'entusiasmo si è spento, vinto da una sensazione appiccicosa di apatia e grigiore che non esito a chiamare "spleen". Stavolta voglio che resti vivo e ardente.

Sto vivendo un inaspettato ed improvviso bel momento sia sul piano umano che su quello creativo e la cosa mi piace. Ho scritto molto ed ho creato qualcosa di decente anche attraverso un altro linguaggio. 

Non mi diverto ad essere grigio, mi piacciono i colori e ben venga chi colora la mia vita. Ho bisogno di questo, ho bisogno di colori, di aria fresca e di libertà per stare bene. Sembrano cose scontate, ma non lo sono proprio per niente. Non c'è niente di scontato nella vita e tutto mi aspettavo fuorché vivere quello che sto vivendo. Pochi giorni fa c'erano le nuvole, ora no. Decisamente no.

C'è un mio amico che dice sempre che bisogna abitare la vita e riprenderla in mano: lo sto facendo ed onestamente mi sento molto meglio. Le ferite hanno bisogno di tempo per guarire, ma la strada penso che sia quella giusta.

Cosa è successo? Perché scrivo queste cose? Non mi va di metterlo in piazza, ma dico semplicemente che non sono impazzito e l'inizio del nuovo anno mi ha regalato una ventata positiva che mi sta facendo bene. 

Ci sono cose e situazione che hanno bisogno di una miccia per esplodere, ma quando esplodono... Non aggiungo altro, mi fermo qui... sto bene e voglio che duri...