giovedì 31 dicembre 2015

Messaggio di fine anno 2015

Posto anche qui il messaggio di fine anno che ho pubblicato su Facebook.

Compagni e compagne, amici e amiche,
siamo giunti alla conclusione del 2015 e, come sempre, eccomi qua a scrivere il discorso di fine anno.
 
Magari qualcuno sperava che interrompessi questa tradizione, ma siete sempre liberi di non leggere questo discorso. A differenza di quello del Presidente della Repubblica, questo non va in onda a reti unificate e potete evitarlo con una certa facilità.
 
Che anno è stato? Lo definirei intenso, lungo ed anche abbastanza ricco di momenti positivi. Nonostante qualche amarezza che non è mancata non riesco a ricordarlo come un anno negativo, sinceramente ho vissuto anni peggiori di questo.
 
Naturalmente ci sono stati momenti bui e difficili e, purtroppo, ho perso amici. Un mio amico ha perso una battaglia che speravo vincesse ed è diventato gabbiano, ma non riesco a buttare via il mio 2015.
 
I momenti belli superano quelli brutti. Forse non in quantità, ma in qualità ed è quello che conta. Basta scegliere da che parte stare: come diceva Claudio Rocchi "O sei parte del problema, o sei parte della soluzione" e tra le due opzioni non ho dubbi su quale sia la mia preferita.
 
Ripercorrendo i momenti più belli non posso dimenticare il record dei bagni al mare che è caduto dopo quindici anni. Batterlo è stato qualcosa di eccezionale; fare 89 bagni in un'estate ha del prodigioso ed è stato bello festeggiarlo con tutti gli amici e le amiche del Bertini.
 
Voglio ringraziare ancora una volta tutti quelli che hanno tifato per me partecipando a questa piccola impresa che si è realizzata grazie anche al supporto di chi mi ha aiutato a camminare dalla carrozzina al mare.
 
I miei passi proseguono spediti ed ogni giorno faccio esperimenti alla ricerca di nuovi limiti da superare. Sono contento, non mi accontento e continuo a camminare. Non mi fermo, non mi fermo per nessuna ragione, nemmeno quando sto male o quando il morale è a terra. Anche su questo fronte il tifo conta, è importante, oserei dire fondamentale. Credetemi, stanno così le cose. Il vostro tifo è la migliore arma quando mi prende la voglia di arrendermi. Non sono un supereroe, anche io ho i miei momenti bui e non sentirmi solo è l'arma migliore per resistere.
 
Se mi volto indietro vedo in questo anno tanti momenti positivi come la corsa allo stadio o la staffetta al centro commerciale, ma anche le volte in cui sono salito sul palco a suonare con Skeep a Principina, a Castiglione ed all'Eden.
 
Non è sempre facile essere al top, sapete tutti che mi vergogno a suonare in pubblico anche se mi piace farlo, ma quando ho suonato davanti a qualcuno l'ho sempre fatto al meglio delle mie possibilità.
 
Un mio amico mi diceva sempre di suonare tanto, di suonare sempre... Ora lui suona su una nuvola ed io cerco di tener fede a quello che mi ha detto. Non sarò mai bravo come lui, ma mettendoci l'anima so di farlo sorridere e di renderlo felice.
 
Anche quando ho corso allo stadio o quando ho fatto la corsa a Marina per l'Admo (tutta la passeggiata, non è poco) ci ho messo l'anima. Non potrò mai correre a piedi, devo farlo per forza di cose a ruote, ma ci metto lo stesso l'anima come in tutto quello che faccio. Sono fatto così, prima di non metterci l'anima in quello che faccio preferisco non fare.
 
In questi dodici mesi ho vissuto tanti momenti che tengo stretti nel cuore e dovessi sceglierne uno andrei in difficoltà. Tante emozioni, tanti attimi che si sono succeduti scorrendo di giorno in giorno non si possono scegliere. Non si può fare una cernita e non ho alcuna intenzione di farla.
 
Ci sono delle cose che avrei voluto fare e che non ho fatto, ma non sono annullate. Sono soltanto rinviate: le farò nel 2016, ma le farò. Se una cosa mi entra in testa e nel cuore, difficilmente ne esce.
Tutto mi è di stimolo per resistere e migliorarmi: non sono perfetto, ma cerco di non arrendermi. Questo forse è uno dei pochi pregi che ho e me lo tengo stretto. Non mi sento un fenomeno e difficilmente mi riconosco pregi, ma questo forse me lo riconosco.
 
Quest'anno ho rinsaldato amicizie che il tempo aveva sfilacciato. Succede, succede a tutti e succede nella più completa buona fede senza un litigio e senza nessun motivo perché accada. È la vita stessa ad allontanare le persone ed a farle riavvicinare e quest'anno mi ha fatto ritrovare persone con cui mi ero perso da anni.
 
Mi sento come se stessi ricostruendo i pezzi di un mosaico e sta tornando tutto al suo posto, è una sensazione piacevole che mi sta accompagnando e che spero possa essere presente anche nel 2016. 
 
Ho voglia di ringraziare e di abbracciare chi mi è stato accanto in questo anno ormai agli sgoccioli: vorrei farlo fisicamente, ma so che non accadrà perché mi vergogno ed allora sono costretto a farlo virtualmente anche se fisicamente sarebbe molto più bello.
 
Momenti come quando inaspettatamente mi sono sentito chiamare da una voce amica mentre ero in veranda al mare, momenti come quando ho ritrovato praticamente dopo vent'anni una persona che ora non ho la minima intenzione di perdere di nuovo, momenti come una telefonata di fine novembre legata ad un sogno incredibile non li dimenticherò mai...
 
Ho ancora addosso l'energia di ciò che ho vissuto a Festambiente con la compagnia giusta, ho ancora negli occhi il ricordo di quando qualcuno mi è venuto a trovare al mare... grazie a chi c'è stato, davvero...
 
Del 2015 mi porto dentro anche la curiosità delle nuove esperienze e delle persone che ho conosciuto per la prima volta. Non faccio nomi per non rischiare di dimenticare qualcuno, ma posso dire tranquillamente che è stato un anno di piacevoli scoperte che spero di approfondire perché si tratta di persone che, almeno secondo me, valgono.
 
Cerco sempre di aprirmi con chi penso che possa accogliermi, se non capirmi. So bene di essere un po' come certi artisti di nicchia o come certi film che guardo soltanto io: per scoprirmi ci vuole il lanternino, ma spero di essere una persona almeno un po' decente ed apprezzabile per chi ho intorno.
 
Non mi apro con chiunque, penso che sia normale, ma se dico di donarmi lo faccio fino in fondo perché penso che la persona a cui mi sto donando sia in grado di ricevere quel poco che posso offrirgli.
 
Forse non sono per chiunque, ha ragione una mia amica che dice la stessa cosa anche di se stessa. A me, sinceramente va bene essere quello che sono e non cambio per piacere a qualcuno. Sono fatto male, ma chi mi vuole mi deve prendere per quello che sono: non sono un personaggio e non sono nemmeno una macchietta. Chi mi vuole accanto, sappia che sono così. Sono un pò come certi oggetti che devono trovare l'amatore per essere apprezzati.
 
Quest'anno ho potato alcuni rami secchi, lo ammetto. L'ho fatto perché la pianta della mia vita cresca più rigogliosa e ringrazio comunque queste persone per quello che mi hanno dato. Sono onesto ed i meriti li riconosco. Se la vita ci riavvicinerà, sono pronto a riaccogliere queste persone. Se si sono riuniti i Pink Floyd, tutto può accadere. Non escludo niente, figuriamoci se escludo una cosa del genere.
 
Siamo giunti alla conclusione di questo discorso e, per una volta, lasciate che chieda qualcosa al nuovo anno.
 
Non mi piace aspettarmi qualcosa dal futuro e di solito non chiedo niente, ma stavolta faccio un'eccezione: vorrei una cosa, non dico quale ma la vorrei. Non penso di meritarla, ma onestamente la vorrei. Non penso che sia un diritto, ma avrei piacere di riceverla in questo 2016 ormai alle porte. 
 
Sarò egoista a desiderare questa cosa, ma sarei ipocrita a negare che la vorrei. Per gli altri, ma anche per me stesso.
 
Mi baci con i baci della sua bocca! 
Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino. 
Per la fragranza sono inebrianti i tuoi profumi, 
profumo olezzante è il tuo nome,
per questo le giovinette ti amano.
Attirami dietro a te, corriamo!
M'introduca il re nelle sue stanze:
gioiremo e ci rallegreremo per te,
ricorderemo le tue tenerezze più del vino.
A ragione ti amano!
(dal Cantico dei Cantici)

domenica 27 dicembre 2015

Pellerossa nella riserva

La sensazione, a volte, è proprio questa: mi sento un pellerossa nella riserva. Mi guardo intorno e vedo cose che non mi appartengono, modi di essere e di agire che non rispecchiano quello che sono io, opinioni che non sento simili alle mie.

Un indiano, un pellerossa, una bestia rara. Non unica (assolutamente non unica!), ma rara. Questo sì, rara. Insolita. Da sempre di nicchia, anche se non provo il minimo orgoglio ad essere così. Succede, ma non faccio niente perché ciò accada.

A dire la verità, a me sembra di fare cose normalissime: quello che faccio è la norma, almeno secondo me. Niente di straordinario. Ascoltare certa musica che pochi ascoltano, leggere libri che pochi leggono, scrivere canzoni e poesie, compiere certi gesti, apprezzare certi comportamenti per me è normale. Lo faccio perché mi sento di farli, mi sembrano naturali e normali. Non ho mire da "personaggio", non mi atteggio. Sono, semplicemente sono.

Allo stesso tempo, però, mi guardo intorno e mi sembra di essere un alieno, un "Englishman in New York". Sono stanco di tutti quei link strappalacrime su Facebook, sono stanco delle frasi patetiche ad effetto, sono stanco di tutte quelle frasi sdolcinate che restano parole al vento e non diventano mai qualcosa di concreto. 

Mi dà un certo fastidio vedere certi link da "Ce l'hanno tutti con me", "Sono la creatura più sfigata della storia e gli altri sono tutti stronzi pronti a fregarmi ma ora basta, cambio pagina". Non servono a niente, non serve a niente piangersi addosso e dare la colpa agli altri, non serve fare pena!

Anche tutte queste bufale che girano costantemente sui social network, tutto questo razzismo sempre più evidente e tragicamente sdoganato, questo equiparare chi ha ragione e chi ha torto nel nome di un revisionismo che definire infame è poco... che palle!!!

Io non sono in questo modo, nella mia bacheca di Facebook non ci sono link strappalacrime o altre cose del genere, non c'è razzismo e spero che non ci sia nemmeno spazio per piangersi addosso. 

Ho tanti difetti, ma non questi. Sinceramente, lo dico senza ipocrisie, sono contento di essere così. L'unica cosa "negativa" (che poi negativa a me non sembra, ma lasciamo stare...) è che passo per quello scomodo, quello non allineato al pensiero comune, quello non etichettabile. Una specie di rompicoglioni, praticamente.

Questo è un bel guaio perché gli spazi si riducono, si crea la sensazione che io non ami la semplicità, si dà l'impressione che io sia uno snob o un "piccolo Leopardi politicizzato", una specie di chissà cosa. Non sono così, sono tutt'altro e soprattutto non credo di essere uno che se la tira: quello che traspare, però, rischia di essere questo ed è un problema ora che conta l'apparenza più della sostanza.

Inutile negarlo: siamo la società dell'apparenza, siamo la società della prima impressione, siamo la società della superficialità e pochissimi hanno voglia di scavare un po' di più per scoprire cosa c'è dietro all'apparenza. Se vieni bollato in qualche modo, poi diventa quasi impossibile scrollarsi quell'etichetta di dosso.

Chi ha voglia di conoscermi, spesso resta sorpreso da me scoprendo lati che non conosceva. A me sembra di essere normalissimo, di fare cose normalissime, ma forse non è così. Forse sono davvero quello che alcuni dicono che io sia. Lo dico nel bene e nel male. Forse è per questo che a volte mi sento un pellerossa nella riserva?

venerdì 25 dicembre 2015

Auguri

Oggi è il mio compleanno. 

Grazie a chi c'è e a chi c'è sempre stato, grazie a chi mi ci vuole, grazie a chi mi reputa speciale, grazie a chi dice un sacco di belle cose sul mio conto... 

Non so se mi merito tutto questo, ma vi ringrazio e sappiate che ognuno dei vostri pensieri per me conta, è importante...

Ognuno di noi da solo non vale nulla, come diceva uno che il 25 dicembre fece una cosa importante qualche anno fa...

Cerco di rispondere a tutti sul telefono e su Facebook, non mi piacciono le cose standard e non mi piace copincollare risposte perché il bello di farsi gli auguri è farseli davvero e non copincollando qualcosa tanto per fare... 

I sentimenti sono importanti, il calore umano è importante... ed io sento tutto il vostro calore umano, grazie!!

Ah già! E' anche Natale...allora...Buon Natale e... mi raccomando!

domenica 20 dicembre 2015

Il Natale fa male

Si avvicina il Natale, che poi è anche il mio compleanno (davvero), e mi sta salendo l'ansia. Me lo fa sempre, ogni anno è così e questa inquietudine mi dà noia perché non mi permette di gustarmi il clima fatto di lucine, allegria e quant'altro come vorrei.

Ho voglia di Natale e, ancor di più, ho voglia del mio compleanno anche se inizio a sentirmi abbastanza vintage al limite dell'oldie.

37 anni non sono pochi, sono quasi 40 e la cosa pesa abbastanza anche se cerco di non pensarci troppo sentendomi quello che ero vent'anni fa.

Anzi, a dirla tutta, ho più energia oggi di allora. Sto meglio di vent'anni fa. Il guaio è che l'anagrafe non perdona e 37 anni sono sempre 37 anni anche se non me li sento.

Questi pensieri, uniti al fatto che tra poco è Natale, non mi fanno stare troppo tranquillo come vorrei in questi giorni. Ho voglia di fare casino, di divertirmi, ma è tutto ovattato e smorzato. Ribaltando il concetto: è tutto ovattato e smorzato, ma ho voglia di fare casino e di divertirmi.

Ho voglia di suonare in compagnia, ho voglia di stare con gli amici e con le amiche, ho voglia di non uscire da solo quando vado in centro. Sono cose che mi mancano tutto l'anno, ma ora che siamo a Natale mi mancano ancora di più.

Me lo fa ogni anno e penso che mi riporti alla mente il fatto che solo molto raramente ho potuto organizzare una festa di compleanno perché è un periodo infame per organizzare feste di compleanno perché la gente in questi giorni va in giro o sta con i parenti.

Ho voglia di uscire da questa stanza e di non avere davanti un computer: ho voglia di calore umano e questo i computer non sanno darlo. Ho voglia di vita vera e non virtuale perché non sono virtuale: sono vero e mi piacciono le cose vere più di quelle virtuali che ora vanno tanto di moda.

Il Natale fa male anche perché spesso è la sagra del virtuale e dell'effimero: a Natale bisogna essere sorridenti, carini, perfettini e impeccabili... mah...

Personalmente, ho un gran bisogno di concretezza, di gesti più che di parole, di emozioni vere e potenti. Anche incontrarsi di corsa solo per un attimo può essere un grande gesto, un messaggio con scritto "Ci vediamo? Ci sono solo un attimo, ma avrei piacere se ci si salutasse. Poi ci vediamo con calma appena ci ho un po' più di tempo."

Mica servono cose straordinarie e mirabolanti a farmi felice... basta questo... ho voglia di questo, di sentire che per qualcuno sono importante non solo a parole.

venerdì 18 dicembre 2015

Riccardo Marasco non c'è più

Ho appena saputo che è morto Riccardo Marasco, il grande ricercatore e musicista fiorentino. Chiunque in Toscana conosce le sue canzoni da "L'alluvione" a "Teresina" a "La lallera" e tutte quelle meravigliose perle che ha riscoperto nella sua opera immane di ricerca di canzoni passate...

Le sue canzoni le abbiamo cantate tutti, fanno parte di noi dalla Maremma alle Apuane: Marasco è stato un mito che difficilmente avrà eredi. Lo paragono ad Odoardo Spadaro senza ombra di dubbio e forse lo metto anche al di sopra di quello che può essere considerato il suo "maestro".

Lo avevo conosciuto, l'ho visto non so nemmeno quante volte nei suoi spettacoli in giro per la Maremma ed ogni volta era sempre bello da vedere sia quando cantava le cose più sboccate che quando cantava quei gioielli della canzone popolare anche di secoli fa.

Lo ringrazio ora come l'ho sempre ringraziato di persona quando l'ho visto, non riesco ad aggiungere altro. Si tratta di una perdita incommensurabile e spero che adesso la sua fama possa andare al di là dei confini del Granducato. Se lo merita.

lunedì 14 dicembre 2015

Notti

Notti di carta, notti di inchiostro, notti innamorate dall'odore di whiskey e fumo in gola, notti in cui tutto sembra possibile ed i sogni si specchiano scontrandosi con l'aria frizzante che suscita emozioni.

Notti di pensieri, notti di appuntamenti mancati, notti vibranti di accordi mai scritti, notti di parole che soltanto il vento conosce e trasporta verso luoghi della mente sperduti che conservano emozioni mai nate.

Notti di grigia umidità che cala a ricoprire come incenso ovattato gli angoli diseredati della mia ispirazione, notti che rimbalzano in rapida successione speranze disilluse e calde fusa che aspetto di vivere.

Notti di inganni poetici, notti di bisogni inespressi, notti aspettando ciò che accade soltanto per sbaglio e quasi sempre in momenti rischiarati da falò clandestini sulla riva del mare.

Notti di letture voraci, notti di riaffioranti ricordi, notti di immagini che scorrono come fotogrammi a rievocare quello che da tempo ferisce facendo sanguinare le dita e i risvegli.

Notti di lacrime, notti di silenzi, notti come questa in cui vorrei quello che non ho e mi ritrovo a scrivere frasi sconnesse come cubetti di porfido sotto una pioggia incessante di dubbi.

Notti di portoni chiusi, notti di occhi indelebili, notti di occasioni da cogliere al volo, notti di calore trasmesso da gesti spontanei, notti di vento che spazza la strada preparando il terreno al futuro.

sabato 12 dicembre 2015

Eppure soffia

Va tanto di moda dire che si vivono tempi bui, che il passato era migliore del presente e altre amenità del genere... Non sono d'accordo, pur riconoscendo che i tempi attuali non sono un granché.

Voglio dire: sento un gran rimpiangere gli anni novanta, ma ve li ricordate? Ve li ricordate bene?
Sento dire "Ah com'era bello il calcio negli anni novanta! Ah come era bella la formula uno negli anni novanta! Ah come era bella la musica negli anni novanta!" ma siete sicuri di quello che dite?

Gli anni novanta li ho vissuti (anche abbastanza intensamente, direi) e mi ricordo bene i discorsi tipo "Ah com'era bello il calcio negli anni ottanta! Ah come era bella la formula uno negli anni ottanta! ah come era bella la musica negli anni ottanta!" che si sentivano in giro.

Anche negli anni ottanta si diceva la stessa cosa riguardo al decennio precedente (me lo ricordo, anche se ero più piccolo) e sicuramente negli anni settanta si diceva la stessa cosa riguardo agli anni sessanta... La mia mamma mi ha sempre detto che cinquant'anni fa il suo nonno diceva la stessa cosa dei tempi in cui era giovane e denigrava quelli che stava vivendo in quel momento.

Il punto è che il passato visto a posteriori diventa sempre più bello di come era in realtà. E' normale, i ricordi si scelgono involontariamente in base alle emozioni che provocano e si tende a cancellare quelli negativi. Non lo dico io, ma molti studi.

Sento dire anche "Allora c'era più attaccamento ai valori", ma mi ricordo benissimo che ci chiamavano "Generazione X" proprio perché venivamo considerati (a torto) giovani senza valori. In realtà le persone con i valori c'erano allora e ci sono adesso, soltanto che faceva (e fa) più comodo esaltare chi non ha valori rispetto a chi li ha.

Allora c'erano quelli che se ne fregavano della politica e di come andavano le cose nel mondo, ma c'era anche chi in silenzio andava per la sua strada fatta di impegno anche piuttosto duro e concreto. La stessa cosa accade adesso, lo vedo dalle amicizie giovani che ho: ho amici che se ne fregano e amici molto impegnati esattamente come ero io alla loro età. Quelli impegnati non sono rari, credetemi. Fanno soltanto meno clamore perché sono nell'ombra.

Me lo ricordo bene quando tanti mi guardavano storto perché con la chitarra suonavo "Contessa", "La locomotiva" o "L'Internazionale", ma adesso vedo che quelle stesse canzoni me le chiedono quando imbraccio la stessa identica chitarra di allora.

Cosa vuol dire tutto questo? Dove voglio andare a parare? Credo che non siano cambiate poi tanto le cose rispetto a vent'anni fa: chi vuole avere valori li ha, chi non li vuole avere non li ha. Le persone intelligenti ci sono sempre state e ci sono, esattamente come i cretini.

In televisione propongono modelli che non condivido, ma li proponevano anche allora. Vi ricordate "Domenica in" di Boncompagni? "Non è la Rai"? "Drive in"? "Beverly Hills 90210"? Vi ricordate
quali canzoni andavano per la maggiore e che messaggi davano?

Esiste un'arma letale contro la massificazione del pensiero: ragionare con la propria testa e scegliersi i modelli secondo una propria opinione, qualunque essa sia. Oggi come allora.

Non davo risposte vent'anni fa e non le do adesso. Allora davo domande e cerco di darle anche ora. Non credo di avere la verità assoluta, ma penso che pensare con la propria testa sia un buon metodo per non farsi influenzare. Poi, ognuno è giusto che la pensi come vuole.

Vogliono dare spazio, oggi come allora, a modelli che non condivido come la televisione trash e il disimpegno? Facciano pure, come lo facevano nei tanto esaltati anni novanta. "Scusate non mi lego a questa schiera / morrò pecora nera", citando Francesco Guccini. 

Oggi come allora preferisco stare dalla parte del torto a far soffiare il vento. So di non essere l'unico a pensarla così. Ne sono convinto.

lunedì 7 dicembre 2015

Esserci davvero, senza riserve

Non so risparmiarmi quando c'è da esserci. Se dico di esserci, ci sono. Altrimenti preferisco non esserci.

Non è facile esserci sempre e non sempre ci sono come vorrei, ma se mi metto in gioco lo faccio senza tirare il freno a mano. Non avrebbe senso farlo. Non ha senso esserci, ma fino ad un certo punto. Prima di esserci a metà è meglio non esserci. Se non posso esserci, preferisco dire chiaramente che non ci sono.

Questo, almeno, è quello che penso: non ha senso donarsi a metà. Certo, ci vuole la giusta dose in tutto, non si deve essere né oppressivi né assenti, ma penso che se si decide di donarsi sia fondamentale farlo a cuore aperto e fino in fondo.

Che senso ha esserci fino ad un certo punto? Non lo capisco. Se ci si dona a metà, quando poi si ha bisogno di qualcuno mi sembra ovvio che questo qualcuno ci sia altrettanto a metà. Non è detto che se ci si dona del tutto poi si riceva lo stesso trattamento, ma mi sembra poco probabile che ad un donarsi a metà corrisponda un ricevere senza riserve. Non so se mi spiego.

Certo, le delusioni ci sono e sono sempre in agguato... Ma cosa conta? Cerco sempre, nel mio piccolo e nonostante le molte delusioni avute, di metterci entusiasmo sempre nuovo nei rapporti con gli altri. Soprattutto se decido di aprire il mio cuore fino in fondo.

Non mi apro con tutti, ma se dico di aprirmi lo faccio senza riserve. Chi mi conosce lo sa e, a volte, resta sorpreso. Per me è normale esserci in questo modo. Se ci sono, ci sono così. Non mi risparmio. A costo di rimanere bruciato e di farmi male, ma non so esserci in maniera diversa.

Sono tutto fuorché un santo, anche perché i santi di solito fanno una fine poco piacevole, ma se dico di esserci, ci sono. Se dico a qualcuno "Ti voglio bene" è perché gliene voglio. Se dico a qualcuno "Ci sono, la mia spalla c'è" è perché ci sono e la mia spalla c'è. Come non so risparmiarmi, non so nemmeno fingere. Se fingessi, mi farei schifo.

giovedì 3 dicembre 2015

Sulla naturalezza con cui scrivo in versi

Mi chiedono spesso come faccio a scrivere in versi e la risposta è piuttosto semplice: non lo so, non ne ho idea. Scrivo in maniera istintiva e non uso particolari tecniche. Scrivo e basta. Mi viene naturale.

Scrivo così, è il mio stile ed anche i miei articoli (che sono una cosa diversa dalle cose in versi) risentono di questa maniera di scrivere un po' insolita e abbastanza difficile da etichettare.

Non credo di essere una cima nella scrittura, non ho una così alta considerazione di me e di quello che scrivo, ma c'è chi dice che io sia bravo. Non amo le ipocrisie e sinceramente ammetto che i complimenti mi fanno piacere perché so che vengono da persone che non è che ne fanno molti. Se dicono una cosa è perché la pensano.

Allo stesso tempo, però, resto con i piedi per terra e dico anche che non mi sembra di essere così bravo come molti dicono.  Non mi riconosco tutto questo gran talento, ma forse c'è una ragione: non faccio il minimo sforzo per scrivere in questo modo.

Nella mia testa mi immagino i poeti e i cantautori (che, poi, sono sono i poeti del nostro tempo) che passano ore ed ore a scervellarsi su un testo o anche soltanto su una parola. A me, di solito, questo non succede. Di solito in pochi minuti scrivo e raramente ritocco quello che ho fissato in versi. Ancor più di rado mi ci vuole più di dieci minuti per creare qualcosa in versi. Se nasce, scorre da sé. Se non nasce, non lo faccio nascere per forza.

Forse è proprio per questo che non mi definisco poeta e non definisco poesie le cose che scrivo in versi. Mi sembra che escano fuori in maniera troppo spontanea e naturale perché possano essere definite poesie. 

Magari sbaglio, magari hanno ragione loro e sono un poeta o forse un artista. Non lo so. Anche perchè, spesso, per ammettere certi aspetti positivi di me stesso mi ci vuole che qualcuno mi ci faccia sbattere il muso in maniera incontrovertibile. Spesso capita di aver bisogno di qualcuno che mi dica "Guarda che questo lato di te è un pregio, non un difetto" perché smetta di vederlo come qualcosa di negativo.

In questo è determinante il ruolo di chi ho intorno, di quegli amici e quelle amiche che riescono con la loro sensibilità ad entrare nella mia anima. Allor semplicemente, senza giri di parole che non avrebbero senso, voglio dire grazie a chi mi apre gli occhi. Grazie davvero.

mercoledì 2 dicembre 2015

Preferisco essere un passero piuttosto che una lumaca

Ho un estremo bisogno di volare, di prendere aria, di vita vera e vissuta. Sarò fatto male (e lo sono!), ma preferisco la vita vera a quella virtuale.

Ho voglia di una suonare per qualcuno. La chitarra non è fatta per essere suonata da soli in camera, la chitarra è uno strumento fatto per stare insieme con gli amici (e le amiche...) a fare serata. Nessun computer, nessuno smartphone, nessuna diavoleria elettronica potrà mai sostituire tutto questo.

I momenti da ricordare, quelli che si portano nel cuore, non si vivono davanti ad un display. Sembra scontato, ma è bene ribadirlo in mezzo a tutto questo continuo bombardamento di tecnologia a cui siamo sottoposti.

C'è bisogno di calore umano, di baci, di abbracci, di quelle sensazioni intense e primordiali che ci rendono diversi dalle macchine. Soprattutto in quest'epoca carica di rabbia e di odio in cui è più normale ostentare odio piuttosto che amore.

C'è bisogno di amore. L'amore è l'arma più rivoluzionaria, secondo me. Io stesso ho bisogno di amore, lo ammetto senza pudore a costo di sembrare uno smidollato. 
Sono una spugna che per essere viva ha bisogno di amore da dare e da ricevere. L'amore, in tutte le sue forme (e l'amicizia credo che lo sia), è ciò che mi permette di andare avanti e di resistere.

Non penso di essere l'unico a sentire questa esigenza. La differenza, forse, è che io lo ammetto ed altri se ne vergognano perché la società impone altri modelli ed altri stili di vita, altri modi di essere. Se vai al di là di quello che dice la società e dei modelli che impone sei tagliato fuori, sei finito. Questo è il messaggio di omologazione che "passa" e a cui mi ribello con tutte le mie forze.

Non mi interessa di quello che dice "la società". A me interessa quello che fa bene a me e a me fa bene essere quello che sono anche spesso mi porta ad essere diverso dalla massa delle persone. 
Non è sempre facile seguire questa linea di azione e di pensiero, ma provo ad inseguire questa mia coerenza in mezzo alle onde di un mare sempre più agitato che vorrebbe annegarmi. 

A costo di essere anacronistico, a costo di passare per un debole, a costo di essere un ridicolo rivoluzionario che combatte cause perse non mi vendo. 

Ho qualche pregio e sono pieno di difetti. Chi mi apprezza sappia che sono vero e senza filtri, sono esattamente come appaio. Chi mi vuole sappia che non cambio per essere più attraente. Non l'ho mai fatto e non inizio a farlo adesso che sto per compiere 37 anni. Che sia un pregio o un difetto, questo sono io.

venerdì 27 novembre 2015

Sono i versi a decidere quando nascere

Da un paio di giorni sto cercando di fissare in versi una grandissima emozione. Non è facile. 

Stranamente sento l'esigenza di lasciar decantare la cosa, di farla posare e non metterla subito per scritto come faccio di solito. Se reagisco così è perché questa emozione ha toccato più di altre le corde della mia anima.

Succede, l'ispirazione segue le sue logiche e la penna va dietro alle sue dinamiche. Non so scrivere "a comando", non mi riesce e non lo farò nemmeno questa volta. 

Ma cosa è accaduto di tanto pazzesco? A cosa è dovuta questa mia titubanza?

Tutto è nato da un sogno che ho fatto e che si è rivelato come uno degli avvenimenti più incredibili della mia vita. No, non dirò di cosa si tratta. Troppo personale, troppo intimo, troppo profondo per essere messo in piazza. Davvero troppo mio perché sia parte dell'ostello delle vite bruciate.

A volte la vita fa questi scherzi e non resta che assecondarla. Ci sono eventi, persone, fatti che sembrano marginali e che a distanza di anni si rivelano in tutta la loro pienezza e potenza. E' successo, questa volta è successo. Doveva succedere, doveva accadere. Mancava soltanto la scintilla necessaria per farlo detonare. La scintilla è scattata e la detonazione è avvenuta scioccando e sconvolgendo come si conviene ad una deflagrazione.

Inaspettata, inattesa, sconvolgente emozione. Una delle più vibranti in assoluto. Devo fissarla in versi, deve diventare qualcosa, ma deciderà lei quando nascere. A me non resta che restare con la penna sul cuore, chiudere gli occhi e lasciarmi andare.

martedì 24 novembre 2015

Errori, sbagli, penombra romanica e semplicità


I treni passano, i treni sfrecciano, i treni si possono cogliere come non cogliere. Ne ho persi tanti, troppi, ne perderò e ne prenderò altri. Non importa: la vita è fatta di questo e non si può vivere di ipotesi.

E' andata così, sta andando così, non si sa come andrà in futuro. Per questo ogni volta ricomincio dalle macerie (a volte anche da meno) con rinnovato entusiasmo: se è andata sempre male, non è detto che sia così anche in futuro.

Pazzo? Ottimista? No, non credo di essere né pazzo, né ottimista. Semplicemente, analizzo la situazione e traggo delle conseguenze che possono anche essere sbagliate.

Sbaglio anche io, sbaglio tanto, sbaglio spesso. Non sono perfetto, sono pieno di difetti e commetto decine di errori ogni giorno. Ogni volta, però, cerco di resistere e di ripartire anche se talvolta è difficile farlo perché la voglia di posare è sempre in agguato. Sempre. 

Da quando sono nato ho sempre e soltanto lottato. Inizio a sentire un po' il peso di questa lotta continua senza tregua, ma continuo a lottare perché non so fare altro. Posso perdere (spesso), posso vincere (poche volte, anche se c'è chi mi definisce un vincente), ma lotto e lotterò sempre finché ne avrò la forza.

Perché lotto? Non lo so nemmeno io. Non so nemmeno se valga la pena lottare, ma lotto anche se temo di diventare più personaggio che persona. Non mi piace essere personaggio, non mi piace essere il profeta di qualcosa. 

I profeti non mi piacciono, mi stanno pesantemente antipatici. Non mi piace chi mette bocca su tutto, non mi piace chi viene interpellato su qualunque cosa e non risponde mai "Non lo so, non è il mio campo". 

A volte ho paura di passare per questo, di sembrare così. Io non sono così, non mi sento in quel modo, non mi sento una specie di pontefice che dispensa chissà quali consigli o chissà quali opinioni da un balcone. Anche perché ho una certa antipatia per i balconi e per chi ci si affaccia...

Ho un sincero terrore di passare per una specie di macchietta, una sorta di vate di chissà cosa. Sono molto più semplice di come tante persone si immaginano che io sia. 

Per colpirmi basta poco: basta la semplicità, basta uno spontaneo gesto di umanità, anche la semplice presenza senza tanti fronzoli. Sono più romanico che barocco, non amo fronzoli e orpelli neanche nei rapporti personali. 

Sono per le cose semplici: preferisco una bruschetta, un'acquacotta, la trippa (senza dimenticare un bicchiere di vino perché murare a secco con certe cibarie fa male) o anche un carciofo al caviale e allo champagne.

giovedì 19 novembre 2015

Ricordando una persona speciale

Quando muore un artista tutti mettono in risalto la sua arte. E' comprensibile, è ovvio, è giusto.

Il 3 ottobre scorso è morto Rodolfo Maltese, chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso, ed è successa una cosa bellissima che mi ha colpito molto: tutti, ma proprio tutti, hanno messo in secondo piano l'enorme aspetto artistico per sottolineare il fatto che Rudy era una persona speciale.

E' proprio così, credetemi: Rodolfo era una persona buona, pulita e molto sensibile, una persona unica. Per come l'ho conosciuto in questi anni, posso dire che si tratta di una delle migliori energie che abbia mai incontrato.

In questo periodo non ho scritto molto su di lui e ne ho parlato ancora meno. C'è una ragione ed è molto semplice: il lutto è un fatto privato e non voglio assolutamente entrare nel dolore infinito di chi lo ha conosciuto molto meglio e più a lungo di me. Prima del chitarrista è morto un uomo. Non so come spiegare diversamente questa cosa, ma spero di essere stato chiaro.

Negli ultimi anni ci sentivamo spesso con Rudy al telefono, l'ultima volta a luglio 2015, ed ogni volta avevo paura di disturbarlo. Lui era sempre disponibile e carinissimo con me, contento di sentirmi e di scambiare due chiacchiere, ma io avevo sempre paura di dargli noia. Anche se mi diceva sempre che non disturbavo e che potevo chiamarlo quando volevo, l'ho sempre rispettato come amico e come musicista al punto di pensarci più volte prima di telefonargli.

Rudy trasmetteva una sensazione di limpidezza che poche altre persone mi hanno dato. Per lui parlava e parla il modo con cui teneva in mano la chitarra: sembrava che tenesse in mano una donna. Non l'ho mai visto aggressivo sullo strumento, trasmetteva emozioni potenti con il tocco più lieve possibile.

Mi azzardo a fare un paragone che non so se verrà capito: Rodolfo Maltese come George Harrison è stato una colonna nel gruppo in cui ha suonato, ma non ha mai avuto troppo la ribalta delle copertine delle riviste.  

Mi piacerebbe chiedergli se si rivede in questo parallelo, mi piacerebbe chiedergli molto altro, ma gli occhi si imbevono di pianto ed il pensiero va ad una telefonata che non farò il giorno di Natale. 

Basta così, non riesco ad andare avanti. Eterna è la strada che va, la primavera è inesorabile.

martedì 17 novembre 2015

Di goal, accordi ed altre sciocchezze

In quanto a gusti musicali sono sempre stato piuttosto strano. Ne parlavo anche l'altro giorno su una panchina con una persona del fatto che già ai tempi di scuola mentre tutti ascoltavano 883 e Ligabue, io viaggiavo su un'altra dimensione a Nomadi, Mcr, Pfm, Banco, Beatles, Area. 

Oltre al rock internazionale, il mio pane quotidiano erano cantautori come Fabrizio De André, Piero Ciampi, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Francesco De Gregori e quant'altro. Tutto questo senza citare i Beatles, che per me sono una cosa a parte. Praticamente, avevo gli stessi gusti di adesso.

Non so se sia un bene o un male, ma a quindici anni anni ascoltavo quello che ascolto ancora oggi che di anni ne ho quasi 37. Le cose sono due: o ero vecchio allora (si), o sono giovane adesso (no). Scegliete voi la risposta.

Il fatto è che una cosa o emoziona o non emoziona e con certe canzoni non mi emoziono. Ho bisogno di emozioni, vivo di emozioni più o meno indefinibili e se una canzone non mi dice niente non riesco ad ascoltarla o a suonarla con la chitarra. Meglio suonare e cantare male una canzone mettendoci il cuore che interpretarla perfettamente ma con distacco. Io sono così: faccio, o almeno cerco di fare, solo le cose in cui credo.

Non me ne vogliano quelli che mi chiedono certe canzoni alla chitarra le volte che capita di suonare in giro soprattutto d'estate: preferisco suonare "Cotton fields" dei Creedence Clearwater Revival o "Il vino" di Piero Ciampi piuttosto che "Il mio nome è mai più" o "Come mai". Meglio "Rock and Roll robot" di Alberto Camerini (Sì, mi piace Alberto Camerini) o "Areknames" di Franco Battiato di tanta roba di adesso che non mi dice niente. Sarà anche bella, ma non mi dice niente e non mi metto lì ad impararla con la chitarra.

Tutto questo porta ad un piccolo inconveniente: quando suono, la gente mi guarda come se fossi un alieno perché non conosce quello che suono. Bel guaio, soprattutto si tratta di dover fare presa su qualcuna e dovrei forse scendere a patti (non Patti Smith, quella certo che la suono!).

Non sono un chitarrista "da acchiappo". Non lo sono mai stato e difficilmente lo sarò in futuro. Quando andavo a scuola chi suonava Ligabue aveva cinquanta persone intorno, io che suonavo De André avevo per compagna la mia chitarra.

Negli anni ho avuto la mia piccola rivincita vedendo le stesse persone che mi disprezzavano (parola grossa, ma non so se esiste una parola meno dura per descrivere il fatto che scappavano da me per andare da chi suonava le cose più mainstream) arrivare più o meno timidamente a chiedermi di suonare le canzoni che amo. Quelle canzoni che allora per loro erano roba strana, assurda, forse inascoltabile.

Forse ero troppo avanti, forse lo sono tuttora. Fatto sta che mi fa molto piacere quando qualcuno mi chiede di suonare qualcosa di Woody Guthrie, di Georges Brassens, di Bob Dylan o degli altri che suono regolarmente quando sono da solo in camera mia. Vuol dire che, alla lunga (probabilmente) ho vinto o, quantomeno, ho segnato un piccolo goal anche io.


lunedì 16 novembre 2015

Imbrunire, tempo di riflessioni

Maledetta sensibilità!
 
Quella cosa cosa che ti fa dubitare di te stesso, che la chiami "Carattere di merda" e ti fa essere triste anche quando tutto intorno a te sorride e ti sembra strano.

No, non triste... meglio dire malinconico... blues... forse blues è la parola giusta... quella parola che identifica un malessere interiore, una macchia, uno spleen che è sempre lì presente e in agguato anche quando sembra che non ci sia, anche quando ti sembra di gustare una gioia e ti accorgi che questa gioia è inquinata da qualcosa che la sporca.

Ho voglia di evadere da questa cappa di tristezza che mi fa male, ho voglia di evadere da ciò che mi opprime, ho voglia di starmene in un prato a suonare la chitarra con la compagnia giusta. 

Ecco cosa mi ci vorrebbe! Mica sono un alieno! Mica sono un asceta che vive in cima alla sua bella colonna come un monaco stilita! 

Ho proprio voglia di queste cose, di emozioni normali eppure fortissime... ho voglia di vivere momenti felici e sorridenti, ho voglia di calore umano, di relazioni umane reali e non virtuali.

Che palle la rete, che palle i social network se devono essere un surrogato della vita reale in cui tutti vomitano odio e diffidenza verso l'altro...

Ho fame di vita vera, di abbracci, di strette di mano, di fiaschi di vino bevuti in compagnia, di notte passate a guardare le stelle... e vaffanculo a certi link romantico-malinconici che servono soltanto a diffondere tristezza... mai messo uno su Facebook... insegnano soltanto a vedere il brutto in chi si ha accanto, solo questo... e fanno un danno enorme a chi non è uno stronzo e finisce per sentircisi...

Mi viene da ridere a leggere certe belle frasi ad effetto nelle bacheche di chi cerca il principe azzurro e poi non lo nota se gli passa accanto... ridere? No, forse semmai da piangere...

Ecco, allora, che torna su quel sentimento, quel blues, quella sensazione di essere invisibile, di essere più personaggio che persona. La sensazione più brutta del mondo ma anche la più utile perché ti fa capire chi ti è vicino per quello che sei e non per quello che altri si immaginano che tu sia.

Sono molto critico con me stesso, ho un carattere di merda (appunto) che mi penalizza, ho milioni di difetti, ma qualche pregio mi dicono che lo posseggo anche se difficilmente me li riconosco. Non sono sbagliato, forse, e non penso nemmeno di essere più di tanto incomprensibile.
 
Cosa sono? Da anni sostengo di essere un granello di sabbia nell'esistenza delle persone. Niente di particolare, ma a volte può succedere che questo granello si infili in un occhio ed ecco allora che si nota. 

Non faccio niente per essere notato, ma per chi ha voglia di conoscermi spero di essere una persona almeno decente ed una compagnia piacevole. Con tutte le mie contraddizioni e con tutti i miei difetti, tipo quello di aver scritto questo post che vorrei cancellare. 

domenica 15 novembre 2015

Ave popolo!

Un blog. Perché un blog? Perché "Ostello delle vite bruciate"?

Fondamentalmente perché ho voglia di scrivere con una certa libertà e certi spazi mi stanno stretti. Ho bisogno di aria e, dopo più di un anno, ho deciso di seguire il consiglio del mio amico Alessandro Corina (ex calciatore, bravo e sfigatissimo, del Grosseto) che mi suggeriva di aprire un blog.

Oggi gli ho dato retta ed ho aperto questo spazio per dire la mia su vari argomenti che possono essere anche in apparenza slegati tra loro.

Cosa ci scriverò? Vedremo di volta in volta, sono poliedrico e non amo rimanere imbrigliato in un filone univoco. Musica, sport, fotografie, la mia amata Maremma, riflessioni che meritano di essere scritte qui... è l'ostello delle vite bruciate, non un giornale e nemmeno un diario.

L'ostello delle vite bruciate per chi mi conosce è un luogo familiare, gli altri lo impareranno a conoscere.
Ha l'odore del whiskey e il colore della resistenza nell'anima e metto subito in chiaro una cosa: questo è un blog dichiaratamente antirazzista e non ammetto deroghe a questa precisa ed intenzionale caratteristica.

Almeno qui voglio stare bene e non voglio intorno razzisti, più o meno dichiarati che siano.