martedì 17 novembre 2015

Di goal, accordi ed altre sciocchezze

In quanto a gusti musicali sono sempre stato piuttosto strano. Ne parlavo anche l'altro giorno su una panchina con una persona del fatto che già ai tempi di scuola mentre tutti ascoltavano 883 e Ligabue, io viaggiavo su un'altra dimensione a Nomadi, Mcr, Pfm, Banco, Beatles, Area. 

Oltre al rock internazionale, il mio pane quotidiano erano cantautori come Fabrizio De André, Piero Ciampi, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Francesco De Gregori e quant'altro. Tutto questo senza citare i Beatles, che per me sono una cosa a parte. Praticamente, avevo gli stessi gusti di adesso.

Non so se sia un bene o un male, ma a quindici anni anni ascoltavo quello che ascolto ancora oggi che di anni ne ho quasi 37. Le cose sono due: o ero vecchio allora (si), o sono giovane adesso (no). Scegliete voi la risposta.

Il fatto è che una cosa o emoziona o non emoziona e con certe canzoni non mi emoziono. Ho bisogno di emozioni, vivo di emozioni più o meno indefinibili e se una canzone non mi dice niente non riesco ad ascoltarla o a suonarla con la chitarra. Meglio suonare e cantare male una canzone mettendoci il cuore che interpretarla perfettamente ma con distacco. Io sono così: faccio, o almeno cerco di fare, solo le cose in cui credo.

Non me ne vogliano quelli che mi chiedono certe canzoni alla chitarra le volte che capita di suonare in giro soprattutto d'estate: preferisco suonare "Cotton fields" dei Creedence Clearwater Revival o "Il vino" di Piero Ciampi piuttosto che "Il mio nome è mai più" o "Come mai". Meglio "Rock and Roll robot" di Alberto Camerini (Sì, mi piace Alberto Camerini) o "Areknames" di Franco Battiato di tanta roba di adesso che non mi dice niente. Sarà anche bella, ma non mi dice niente e non mi metto lì ad impararla con la chitarra.

Tutto questo porta ad un piccolo inconveniente: quando suono, la gente mi guarda come se fossi un alieno perché non conosce quello che suono. Bel guaio, soprattutto si tratta di dover fare presa su qualcuna e dovrei forse scendere a patti (non Patti Smith, quella certo che la suono!).

Non sono un chitarrista "da acchiappo". Non lo sono mai stato e difficilmente lo sarò in futuro. Quando andavo a scuola chi suonava Ligabue aveva cinquanta persone intorno, io che suonavo De André avevo per compagna la mia chitarra.

Negli anni ho avuto la mia piccola rivincita vedendo le stesse persone che mi disprezzavano (parola grossa, ma non so se esiste una parola meno dura per descrivere il fatto che scappavano da me per andare da chi suonava le cose più mainstream) arrivare più o meno timidamente a chiedermi di suonare le canzoni che amo. Quelle canzoni che allora per loro erano roba strana, assurda, forse inascoltabile.

Forse ero troppo avanti, forse lo sono tuttora. Fatto sta che mi fa molto piacere quando qualcuno mi chiede di suonare qualcosa di Woody Guthrie, di Georges Brassens, di Bob Dylan o degli altri che suono regolarmente quando sono da solo in camera mia. Vuol dire che, alla lunga (probabilmente) ho vinto o, quantomeno, ho segnato un piccolo goal anche io.


Nessun commento:

Posta un commento